AGRIGENTO CAPITALE DELLA CULTURA. CI RIPROVEREMO PER IL 2021 di Lillo Firetto

Agrigento 2020 è una realtà in continuo fermento. Chiusa la parentesi della candidatura a Capitale Italiana della Cultura - parentesi necessaria, che ha prodotto una forte spinta emozionale e una più ampia partecipazione al processo già in atto - il programma prosegue con energia. Il senso di appartenenza e di orgoglio collettivo che ha scatenato è solo un esempio evidente di ciò che la competizione è riuscita a generare. Abbiamo voluto attribuire un un peso specifico al programma di celebrazioni che stiamo portando avanti ormai con convinzione da circa tre anni e ci siamo riusciti: al di là della cronaca della nostra delusione per il titolo soffiato dalla città di Parma, quel che ci rende merito è l'ammissione di un testa a testa, peraltro anche dichiarato dalla Commissione del Mibact e, poi, sostenuto dal sindaco Pizzarotti, fiero di essere riuscito a battere una città quale Agrigento.

Penso di interpretare anche il sentire di partner strategici che hanno accompagnato questo percorso: Parco archeologico, Coopculture, Fai, Curia Arcivescovile,  Gesap, Distretto turistico, Fondazione Teatro Luigi Pirandello, Farm Cultural Park, nonché in dirittura d'arrivo la Regione Siciliana e naturalmente, sin dalla genesi della candidatura, la società We Plan, che ha curato la redazione del dossier. 
Finora il lavoro è stato intenso, da parte di tutti, e non abbiamo pensato mai di allentare i ritmi: già poche ore dopo la proclamazione della Capitale, eravamo impegnati nelle attività connesse alle celebrazioni, sia di programmazione, che di concertazione. Continuano a giungere progetti, gli incontri si intensificano, la voglia di programmare iniziative e di sostanziare al più presto le idee è fortissima.
Agrigento 2020, infatti, non è un progetto, ma è il programma di un anno intero dedicato alla ricorrenza della sua fondazione e il programma delle attività che sono state realizzate e si realizzeranno da adesso al 2020 con un unico denominatore. Agrigento per i suoi 2600 anni, quindi, non sta programmando solo eventi, ma sta portando avanti una serie di attività e di progetti, molti infrastrutturali e già finanziati e cantierabili (per complessivi investimenti tra pubblico e privato per 81,9 mln di euro), che  solo in minima parte hanno composto il dossier di candidatura di Agrigento.
La trasformazione graduale della città in un laboratorio culturale permanente ha avuto un’improvvisa accelerazione: lo dimostrano le richieste di adesione che continuiamo a registrare, non solo da Agrigento, il clima fortemente aggregativo che si è instaurato tra le associazioni e anche la diffusione capillare delle informazioni sul programma tra i giovanissimi di tutta la provincia, per effetto dell’azione della Consulta Provinciale Studentesca.  Un’accelerazione che ha avuto un’impennata a prescindere dalla candidatura, perché ruota già da qualche anno attorno al primario obiettivo delle celebrazioni. Un patto tra cittadini e amministrazione che ha visto le persone protagoniste delle scelte politico-organizzative: un modello partecipativo in cui  residenti permanenti e temporanei sono protagonisti dei processi culturali; un laboratorio di idee, in cui la democrazia partecipativa e deliberativa è finalizzata  alla costruzione condivisa delle politiche urbane e culturali che caratterizzeranno il futuro della città. Agrigento è  modello di cambiamento per un futuro sostenibile in cui integrazione e multiculturalità sono elementi essenziali; un futuro di accoglienza e multiculturalità su cui interrogarsi per non trovarsi impreparati a governare i processi di cambiamento, anche nell’approccio ai beni culturali.  
E poi, in fondo, Agrigento è già Capitale. Potrebbe sembrare un’affermazione velleitaria, eppure questa è la percezione che le altre città candidate hanno vissuto. Ce lo avevano manifestato, invero, in più occasioni già al Lubec di Lucca, in ottobre, quando sottolineavano l’enorme divario in termini di qualità e quantità del patrimonio di beni culturali espresso dalla città. Il bando Mibact, tuttavia - lo sapevano bene - non prevedeva una gara di bellezza, né una competizione sul patrimonio dei beni culturali. Tanto meno metteva in gioco le città sulla loro capacità di gestione dei problemi o delle emergenze, quali la nostra Cattedrale.
La gara era, invece, sul capitale umano, sulla forza di coesione, sulla capacità di integrazione culturale, sulla creatività, sulla sostenibilità economica del programma e sulla qualità e coerenza del sistema di gestione dei processi attuativi e delle finalità di sviluppo turistico-culturale.  La “squadra” ha sostenuto le sue tesi magistralmente, documentando le spese, schedulando il programma, allegando ipotesi di flussi turistici e promuovendo una traiettoria di sviluppo ispirata all’utilizzo di tecnologie innovative, a modelli di valorizzazione culturale in grado di garantire  un’eredità duratura: progetti, in definitiva, capaci di rappresentare il potere della cultura come promotore di inclusione sociale, integrazione, attrattività, innovazione, sviluppo e sostenibilità. Agrigento ha raccontato il cambiamento in atto: ha riferito quella sensazione di riscatto da un passato gravoso che aveva impedito alla città di crescere, di esprimersi, di sperare; ha riferito del superamento di orrori ed errori, con l’avvio di azioni virtuose che hanno portato la città ad essere competitiva a livello europeo: un radicale mutamento che dalla rassegnazione ha fatto nascere l’indignazione, fino a produrre una visione di futuro. Non è accaduto in un giorno. Né dalla presentazione della candidatura ad oggi. Questo è oggi il racconto di Agrigento. Tutte le critiche, le polemiche, le attenzioni quasi ossessive agli interventi sulla città sono un effetto estremamente positivo. La ferma condanna nei confronti di chi sporca, deturpa, distrugge è effetto di una rivoluzione culturale in atto. Gli agrigentini sono usciti fuori dalla sfera privata delle proprie case e guardano fuori. È il segno di un radicale cambiamento. Non solo: gli agrigentini investono sul protagonismo civico. 
Sin nelle premesse, alla Giuria del Mibact è stata ribadita la finalità delle celebrazioni come punto fermo, a prescindere dal titolo. Agrigento, infatti intende ripercorrere le tappe storiche fondamentali della città (da Akràgas ad Agrigentum, da Kerkent a Girgenti, infine ad Agrigento): una storia che attraversa i secoli di culture e di popoli. Avremmo potuto limitarci a sostenere la tesi dell’orgoglio ritrovato, dell’opportunità, nel 2020, di avere universalmente riconosciuta una coscienza collettiva. Ma avremmo parlato di Agrigento, e, invece, non volevamo autocelebrarci. Il motivo per cui ritengo che Agrigento possa e debba esser Capitale - e per tale ragione presenteremo la candidatura il prossimo anno per il 2021 - non ha nulla a che vedere con il nostro amore per i vicoletti arabi e i tesori nascosti del centro storico, o per quel magnifico scenario di mare e di cielo su cui si stagliano i templi dorici.

La novità sta nel fatto che Agrigento parte dal 2020 per guardare ad un futuro, che può essere da esempio anche per altri sud d’Italia e del Mondo. Per altri sud-ovest, per altre periferie. Non più il mondo raccontato da Sciascia, non il mondo nostalgico e immobile descritto da Tomasi di Lampedusa. E’ il mondo pieno di valori che racconta Simonetta Agnello Horby, è la Sicilia che non è più quella di una volta, come scrive Gaetano Savatteri. E’ quella non più stereotipata che diventa immagine speculare e simbolo di un mondo che prova a cambiare passo. Ne cogliamo i segnali positivi: inutile provare a nasconderli. Tra nuove scoperte, conferme e ritorni d’interesse, Pirandello è incessante riferimento per il teatro contemporaneo e l’intramontabile autore del Gattopardo continua a stimolare interpretazioni; Camilleri e la fortunata serie tv del Commissario Montalbano hanno catturato il pubblico europeo e su decine di scrittori emergenti è catalizzata l’attenzione degli editori. La produzione culturale, tra mille difficoltà, prova a far breccia nei circuiti teatrali, nel cinema, nell’editoria; il calendario eventi in Sicilia è costellato da migliaia di iniziative; non poche sono le start up nel digitale e nell’innovazione tecnologica finalizzata ad un potenziamento della fruizione dei beni culturali; radicali cambiamenti si verificano laddove alle condizioni di disagio socio-culturale si contrappone  la creazione di modelli di futuro sostenibile. Il Mandorlo in Fiore muta nella denominazione e nella sostanza. Assistiamo ad un fermento che stupisce e perfino commuove, a volte, perché è spesso affidato alla buona volontà di pochi, al sacrificio di chi prova a cambiare le cose e a creare opportunità, senza poter contare su alcun sostegno finanziario, come invece può accadere in altre regioni, e lottando contro un sistema che non è avvezzo ai cambiamenti. Anzi, che non li ama.
La Cultura ad Agrigento viaggia su un terreno che è macchiato del sangue di carabinieri, di poliziotti, di uomini giusti, di giudici, come Rosario Livatino e Antonino Saetta, di anime innocenti come Stefano Pompeo, di Giuseppe Di Matteo, da lì siamo ripartiti. Ecco perché ad Agrigento, in Sicilia, può realizzarsi un laboratorio di cultura i cui effetti creano un reciproco rafforzamento, riverberandosi di conseguenza.
Quel che per ora avviene in Sicilia a livello culturale ha un'eco straordinaria per il Paese per effetto di una invisibile forza traente che è verso l’Isola. Lo sanno anche i fondatori di Google che hanno preferito di tutti i luoghi del mondo per sei anni consecutivi Agrigento, la Sicilia, un luogo di contraddizioni che esprime un sentimento per la resilienza, la voglia di ricominciare e di reinventare tutto, anche una tecnologia più sostenibile, a misura d'uomo, un nuovo percorso per l'innovazione e per obiettivi economici e di sviluppo diversi da quelli finora perseguiti.
In Sicilia, la bellezza, l’arte, la cultura per troppo tempo sono stati secondari rispetto all’emergenza, alla paura del futuro all’assenza di prospettive.
Oggi ogni forma di rinascita o di riscatto incoraggia a restare, stimola, produce fiducia, alimenta speranza, rappresenta un valore.
Agrigento 2020 può significare posti di lavoro, nuova impresa nel turismo e nuove iniziative nell’industria creativa. Tre anni fa, ho accettato di porre Agrigento 2020 come uno dei punti del programma. Non una sfida, ma la condensazione di un lavoro che necessitava di una spinta di concretezza, per andare ben oltre le intese verbali con la Regione Siciliana, cui già sei anni fa era stata presentata la prima bozza di programma delle celebrazioni. Agrigento 2020 supera i confini territoriali perché può essere un esempio di come le persone possano riuscire a cambiare il destino delle città. Agrigento 2020 trova l’intesa con i Comuni della Val di Noto, con i sindaci dell’agrigentino e del nisseno, con il coordinamento dei Distretti turistici, con il Comune di Taormina perché è un prodotto del brand Sicilia.

Celebrare Agrigento significa attraversare ogni epoca della storia, rivivere per ogni secolo le massime espressioni dell’arte, della letteratura, della scienza, dell’architettura.
Oggi le dieci città d’Italia selezionate nella short list, compresa Parma, ci chiedono di confrontarci il prossimo maggio e di proseguire un cammino di rinascita culturale. Ci chiedono di raccontare loro quel ribaltamento di prospettiva che dà senso alle nostre azioni. 
 E noi siamo pronti a rappresentare loro quella parte buona della Sicilia capace di far leva sulle sue radici per vivere il presente e immaginare il futuro.

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