SANT'ANGELO MUXARO TRA RITMI PRECISI, SACRALI E CERTEZZE QUOTIDIANE di Dania Butticè

Ore 8, lezione di diritto amministrativo. Io e le mie occhiaie, in prima fila, seguiamo con attenzione. Spiegando l'accesso civico, il professore mi chiede: "Signorina, lei ad esempio, è residente a Palermo?". Io : "No, provincia di AgrigenTo" Continua: "Di dove?" Sempre io e le mie occhiaie patriottiche: "Sant'Angelo Muxaro". La reazione è esattamente quella standard che da anni mi si prospetta davanti, il vuoto. Lo stesso vuoto che trovo nella mia piazza un lunedì sera qualsiasi dopo le 22. Lui: "Non lo conoscevo." Io: "È un piccolo paesino, siamo 1200, anzi oggi 1199 visto che io sono qui!" Risata generale. Lui: "Immagino che l'abbiano mandata in avanscoperta e attendono il suo ritorno curiosi." Rido anch'io, nulla di nuovo. Rincaro la dose: "Per farle capire, ci sono 3 bar e una farmacia, i vecchietti, con la coppola, giocano a briscola in piazza." Sghignazzi misti a compassione nell'aria. Lui: "Ma le persone ridono lì?". I teletubbies li credono più reali, penso. "Certo professore, non si capisce guardandomi?". Do più forza al sorriso che ho tenuto per tutta la conversazione a dispetto delle risate, quasi quasi mi si vedono le placche.

Si riprende la lezione. Io, però, avrei voluto dirgli che mi reputo fortunatissima di essere cresciuta in un posto in cui tutti gli occhi ti sono familiari, ogni angolo è casa e ogni giorno segue ritmi precisi, sacrali e abitudinarie certezze quotidiane: la mattina qualche trattore ruggisce verso la campagna, aranci persichi e piruna si inseguono in filastrocche cantate, tra il cinguettio degli uccelli e il rumore delle foglie accarezzate dal vento si fanno largo le voci delle commari che vanno alla posta, a prendere il pane, alla "putia", tutto di corsa perché massimo alle 10 si comincia a preparare il pranzo e, anche se a casa si è solo in due, si cucina per un reggimento...un po' alla nipote, un po' alla vicina e un po' perché non si sa mai, perché sappiamo accogliere e amiamo condividere. Intanto i bambini sono a scuola e, dopo i 5 anni, hanno il lusso e la responsabilità di andare da soli. Sempre in piazza, sulle panchine al sole i capelli bianchi diventano argento, nei tavoli dei bar le carte urlano bestemmie che lasciano in bocca un retrogusto di Vecchia Romagna. Le campane della chiesa rompono il silezio o, forse, ridono per il latino da 4 meno meno delle vecchiette che pregano tenendo in mano rosari e santini. I ragazzi, come me, maledicono i sogni ma ci credono forte. L'odore del bucato si confonde con quello della caponata, le mandorle al sole, il caffè sempre offerto come i sorrisi, ogni Domenica è Natale e quando c'è una festa è festa pi tutti. Potrei riempire tutte le pagine bianche di Palermo, ma non basterebbero neanche tutte quelle del mondo per raccontarvi la vita di una Famiglia di 1200 persone.

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