NOI CHE ...DALL'AGIRE COLLETTIVO ALL'ESASPERATO INDIVIDUALISMO di Licia Siracusa

Caro Giandomenico, 
dietro il senso di straniamento da te così abilmente descritto avverto la percezione di un fallimento che forse è ancor più profondo di quello del protagonista del romanzo di Flaubert, perché è proprio non tanto, o non soltanto, d
el singolo, ma di un'intera generazione; la tua appunto, quella che ha visto dissolversi la speranza della straordinaria capacità palingenetica dell'agire collettivo in un esasperato individualismo, il quale mostra, oggi, nel peggiore dei casi, il volto oscuro e a tratti grottesco del narcisismo avido, e nel migliore dei casi, il tratto dolente e malinconico dell'isolamento contemplativo. 
Purtroppo, non siete stati, né migliori dei vostri tempi, né del vostro tempo i migliori. Eppure da voi, dal novecento, dal racconto della vostra delusione, dai vostri errori qualcosa "noi" abbiamo appreso; per esempio, a non fidarci dell'illusione ideologica, a sentire che il nostro"eroico furore" può consistere in un agire individuale che si conquista, giorno per giorno, un "significato collettivo", senza essere né protestatario, né ostinatamente rivoluzionario. 
Ma forse, questo vale soltanto per me e per la mia generazione, appena affacciatasi alla soglia dei quaranta, sospesa tra il razionalismo del novecento e il flusso caotico di quello che chiamano "postmodernismo".
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