SULLE SPALLE DI GIGANTI MA CON LO SGUARDO AL PROPRIO OMBELICO di Fausto D'Alessandro
Caro Giandomenico, ho letto su Suddovest il tuo Che fare? Migliori del proprio tempo o del proprio tempo i migliori? e di seguito le riflessioni di Maurizio Iacono, di Giovanni Taglialavoro, di Enzo Campo e di tuo fratello Stefano.
Tutte belle persone che ho ammirato e ammiro tanto e che mi piacerebbe moltissimo incontrare, assieme a tanti altri, in una calda sera di estate, in una trattoria a mare, per divertici, e anche per parlare del nostro tempo tradito.
Tradito da una collettiva inadeguatezza umana e culturale.
Inadeguatezza inspiegabile, considerando la forza motrice che veniva dai due secoli precedenti.
L’inadeguatezza, senza tempo, tipica delle strutture mentali segnate dal soggettivismo e da una modalità cognitiva essenzialmente Tolemaica.
Tolomeo fu un grande ideologo, maestro e leader del senso comune. Si innamorava della grandezza e bellezza della realtà, ed in modo sistematico ed irreligioso, la raccontava con rigorosa fedeltà sensoriale.
Tolomeo era un nano che non aveva avuto la possibilità di salire sulle spalle di altri nani e vedere più lontano.
E per secoli il bildungsroman rimase semplicistico, schematico, informe, elementare.
Ma IL NOSTRO TEMPO aveva la possibilità di salire sulle spalle di giganti: Copernico aveva dimostrato con la matematica che l’empirismo e il pragmatismo di Tolomeo erano ingenui e fallaci; Einstein, in aggiunta a Copernico, aveva insegnato che il comprendere va relazionato al punto di osservazione; Marx aveva indicato il fine razionale della organizzazione della Polis moderna; Karl Jaspers aveva insegnato a distinguere il fenomeno dal noumeno psichico; Giovanni XXIII, infine, aveva raccontato la pastorale luminosa di una dottrina rigorosa.
Tutti sulla scia di Tommaso D’Acquino che aveva intuito e raccontato religiosamente che l’uomo aveva la facoltà unica di intelligere il reale e la natura e che aveva in sé la attitudine strutturale alla relazione fraterna con l’altro.
UOMINI e TEMPI che in forza di tali precipue qualità, potevano essere Prudenti e Giusti.
Che dovevamo fare sulle spalle di quei giganti? Scoprire nuovi mondi?
Assolutamente no, perché la posta in gioco del nostro tempo non era il fare.
Sulle spalle di questi giganti potevamo crescere, alzarci, ed acquisire collettivamente paradigmi – cognitivi ed affettivi, relazionali e sociali – più evoluti.
Invece siamo rimasti ad abitare, né migliori né peggiori, tra mormorazioni, litigi, pregiudizi, diffidenze e grigia insoddisfazione, un arcipelago di isolotti ideologici, ciascuno di questi tutelato da una personale ortodossia.
Ti abbraccio con affetto.