PERIFERIE, LUOGHI DELL'INVIDIA di Alfonso M. Iacono
La periferia non è solo una fetta di territorio che si addossa intorno al centro di una città circondandola. La periferia è anche un concetto. Essere periferici è una sorta di valore negativo. Significa essere subalterni e inferiori al centro. In epoca moderna, soprattutto nell’Ottocento le città cominciarono a diventare metropoli, crebbero di popolazione e tutta la moltitudine di migranti che provenivano dalle campagne o da altri paesi andava a vivere, o sarebbe meglio dire: a sopravvivere, nelle periferie. Il centro è pulito, ben ordinato, fatto di quartieri alti, abitato da ricchi, benestanti e intellettuali, dotato di monumenti storici, di negozi chic, di chiese romaniche, gotiche o barocche, di palazzi antichi, di piazze bellissime. Le periferie sono tutto il contrario. Anche quando in esse vengono costruiti i tribunali, gli ospedali, i centri commerciali, anche quando vi si fabbricano case e villette, anche quando vi vanno ad abitare seri professionisti e corretti rappresentanti del ceto medio, non cessano di essere periferie. Ecco perché la periferia oltre ad essere un territorio particolare è anche un concetto. La periferia è un luogo che non riesce ad essere un centro, che, soprattutto, non riesce ad avere una vita propria. Nelle periferie ci si va a dormire. Quartieri dormitorio si dice. Per tutto il resto si va in centro città, il vero luogo del desiderio, delle luci, degli incontri, del farsi vedere, della moda, delle vetrine, dei ristoranti, dei pub, della cultura, delle presentazioni dei libri, dei dibattiti culturali e politici, dei negozi di musica e di quelli dei videogames. Per questo la periferia è anche il luogo dell’invidia, della gelosia, della rabbia di chi sta alla sbarra al di là del margine, anche se gli si concede di venire in centro il venerdì e il sabato. E l’uomo periferico che vi arriva è costretto a desiderare un mondo che si illude di poter ottenere ma che non gli appartiene e non gli apparterrà mai. Per trasformare le periferie è necessario ucciderne il concetto, cioè mutarle in centri capaci di vivere autonomamente e di sostenere una comunità di persone che resta lì non per dormirci, ma per viverci. Un quartiere che è e rimane dipendente dal centro, per quanto pulito e ben organizzato, resta e resterà sempre culturalmente e mentalmente una periferia.