COPENAGHEN E IL BUIO di Tano Siracusa
Racconta Angela che nel 1884 Paul Gauguin fuggì da Copenaghen (e dalla famiglia, dal decoro borghese, dalle sue ombre lunghe) per tornare a Parigi. Poi cercherà il sud e la luce, (a Pont Aven tre anni dopo non dipingerà più le ombre), la inseguirà ad Arles e infine imbarcandosi di nuovo verso le isole del Pacifico.
Angela vive da trenta anni in Danimarca e conosce bene il paese.
Descrive uno Stato sociale da utopia. Paghetta statale a sedici anni per otto ore settimanali di lavoro, assistenza sanitaria di altissima qualità e gratuita, contesti ottimali per anziani e portatori di handicap, pochissime automobili in circolazione ed efficiente trasporto pubblico, piste ciclabili e biciclette ovunque, molte tasse che tutti pagano (ci sono case con pareti esterne di vetro verso le quali nessuno guarda per generale discrezione).
Ma basta guardarsi attorno.
Silenzio, spazi vasti, un roteare sotto il cielo aperto di straniante architettura antica e moderna, austeri, eleganti palazzi cinquecenteschi e la pista sciabile sulla copertura dell’inceneritore, il Bicycle Snake e l’edificio della vecchia Borsa della città, musei, complessi residenziali, costruzioni abitative come opere d'arte; e volti distesi, sorrisi, parchi, acqua, ponti, spazi e luce, perchè in questi giorni di fine settembre c'è il sole.
Città liquida Copenaghen, diafana, di finestre, trasparenze e riflessi, che sembra voler giocare con la luce, accoglierla, trattenerla, moltiplicarla: perché è la sua assenza ad avere determinato la fisionomia della città.
Il sole - la luce - è infatti un bene che scarseggia da queste parti. Un bene il cui valore è difficile da stabilire. Ed è la ragione per cui Angela parla della depressione come di una specie di malattia sociale, endemica e irrimediabile da queste parti. Come l’alcolismo, come l’inverno che sta arrivando assieme al buio.
Il giorno e la notte, la luce e il buio. In tutto il mondo e da sempre secondo Levi Strauss, in coincidenza con il solstizio di inverno, con il prevalere della notte sul giorno, in forme rituali diverse i vivi fanno doni ai morti perché cessino di avanzare e si ritirino (spesso i bambini, i ‘non iniziati’ rappresentano i morti a cui si porgono i doni, mentre in Sicilia sono i morti a recare doni ai bambini): affinchè il buio, la notte che avanza si ritirino, perché la luce e la vita tornino a crescere.
In questa città dell'utopia postmoderna, leggera, gentile, fluida, fra qualche settimana il sole tramonterà nel primo pomeriggio e l’acqua e i vetri delle finestre moltiplicheranno il buio. A Copenaghen, dice Angela in un inciso, si registrano tassi di suicidio fra i più alti al mondo. Poi aggiunge che
anche Gauguin nel 1898 tenterà di uccidersi, ma a Paunaania, sulle isole della luce.