AKRAGAS. "CI SIAMO, RIEMERGE IL TEATRO ANTICO" di Giovanni Taglialavoro

" Ci siamo": forse risolto il mistero del teatro riluttante e Agrigento tra poco potrebbe dirsi la città dei templi e del teatro. 

Almeno questa è la speranza del direttore del Parco archeologico di Agrigento Giuseppe Parello che fatica a tenere la bocca chiusa: “ Ne riparliamo il 10 ottobre quando tutta l'area sarà scavata.”

Non aggiunge altro, ma i suoi occhi sono umidi per l'emozione.

Infatti al suo nome e a quello dell' assessore ai Beni Culturali Carlo Vermiglio potrebbe essere legata la scoperta archeologica più attesa, più inseguita, quella del teatro che si annuncia grande e in una posizione che più bella non si può. 

La scoperta è il risultato della tenacia e lungimiranza amministrativa del direttore del Parco archeologico Giuseppe Parello, delle archeologhe che vi lavorano e dei giovani ricercatori del Politecnico dell’Università di Bari.

Il luogo della scoperta fa pensare alla 'Lettera rubata' di Edgar Allan Poe: se vuoi che nessuno trovi la tua lettera segreta, tienila in bella vista sul tavolo.

Col senno del poi si potrebbe dire che il sospirato teatro in effetti era in bella vista dagli uffici della soprintendenza, a pochi metri da essi, ma non verso il nord, come si ostinavano a cercarlo, ma verso sud.

L'annuncio ancora non c'è, le bocche sono cucite, ma molti indizi confermano che dopo almeno quattro secoli e mezzo di ricerche, finalmente, potrebbe riemergere, dal bosco di mandorli e ulivi della 'Civita', l'antica cavea teatrale.

Si conclude così una lunghissima ‘caccia al tesoro’che ha appassionato e contrapposto gli studiosi e indispettito gli Agrigentini: era inaccettabile per loro che l'antica e gloriosa Akragas, definita da Pindaro ‘la più bella città dei mortali, non avesse avuto un suo teatro.

Esiste, esiste: questo il dogma di fede degli Agrigentini, e periodicamente questa smania del teatro ha ispirato tesi di laurea, scavi clandestini, sedute spiritiche e prima ancora ha prosciugato le pur cospicue risorse finanziarie del generoso capitano inglese Alexander Hardcastle che, trasferitosi ad Agrigento, se ne fece contagiare fino al punto di pagare di tasca sua gli scavi a nord di San Nicola sotto la guida di Pirro Marconi alla ricerca della fatidica cavea. Niente.

“E' sotto le case di Ravanusella”, nella città moderna, per via di quella curiosa dislocazione a semicerchio delle case che delimitano la piazza dell'ex mercato. “Ma no, si trova accanto al palazzetto dello sport”; “ma che dite, il teatro era di legno ed è andato distrutto in uno dei tanti saccheggi subiti dalla città”.

C'è un solo precedente nella storia agrigentina, pur ricca di bizzarrie, di questa passione per gli scavi: quella relativa alla ricerca delle ossa di San Libertino, vescovo di Agrigento in età paleocristiana, martirizzato per la sua fede dai pagani e che in punto di morte avrebbe lanciato la maledizione: “ Gens iniqua, plebs rea non videbis ossa mea”, sicché ad ogni calamità naturale o politica che fosse gli Agrigentini tornavano a scavare alla ricerca drammatica delle ossa del martire per placarne le ire, senza peraltro trovarle mai.

Ma c'è da dire che in molti dubitano della figura di questo santo mentre nessuno ha mai negato che l'antica Akragas avesse avuto il teatro.

Così è covato il disappunto, il rancore, in una città profana e prosaica come Agrigento con tanti templi e nessun teatro a confronto con Siracusa ricca di sante e di madonne che lacrimano, senza templi e con un teatro greco e un anfiteatro romano.

Contro questo beffardo contrappasso si sono invocate da parte dei cultori di storia patria le innumerevoli testimonianze letterarie che attestano direttamente o indirettamente la presenza di una cavea teatrale nell'antica città greco-romana.

Intanto le fonti classiche testimoniano di drammaturghi akragantini: da Empedocle, nipote del filosofo, a Dinoloco e a Carcino e ai tanti altri autori di commedie e tragedie nativi di Akragas e noti nel mondo classico; si capisce, non è una prova dell'esistenza del teatro la loro presenza non essendo automatico che dovessero rappresentare le loro opere per forza nel teatro della loro città, ma un indizio forse sì.

E poi dobbiamo dubitare di Tommaso Fazello che a metà del '500 scrive di notare i resti del grande teatro non lontano dalla chiesa di san Nicola?

Dopo lo storico saccense, altri viaggiatori e studiosi hanno,nel corso di tre secoli, a volte, creduto di vedere (D'Orville, Houel, Sant-Non) altre volte di smentire (Pancrazi, Serradifalco) l'indicazione del Fazello.

Si arriva così agli anni trenta del novecento quando Pirro Marconi, finanziato appunto dal capitano inglese in pensione Alexander Hardcastle, scava in una conca poco a nord di san Nicola, ma non trova nulla che somigli ad un teatro.

Da quel momento in poi negli ambienti accademici l'interesse per il ritrovamento del teatro diventa secondario, mentre in quelli semicolti assume i caratteri di una ossessione, di una sfida.

A cavallo tra gli anni 80 e 90 si torna a parlare di teatro e incautamente se ne annuncia l'imminente ritrovamento.

Ma gli scavi ulteriori escludono in quell'area, a nord della chiesa di san Nicola, la cavea antica e in 'compenso' scoprono una grande area porticata dentro la quale si trova un tempio di età ellenistico-romana.

Niente teatro allora, ma una nuova visione di tutta la zona che sembra profilarsi sempre di più come la vera ‘agorà’ o foro della città greco-romana.

Nel frattempo la gestione del luogo passa nelle mani del parco che dà incarichi di studio e di ricerca al politecnico di Bari.

Vengono raccolte e catalogate tutte le immagini di questa zona prodotte negli ultimi decenni, e sottoposte ad analisi raffinate.

Ed ecco che durante queste analisi emergono delle 'anomalie' in una particolare zona: 'anomalie' nel gergo dei ricercatori significa che c'è qualcosa sepolta in questa porzione di campagna'. In particolare le anomalie segnalano la presenza di una struttura semicircolare in un punto molto vicino alla chiesa di san Nicola, direzione sud est. L'eccitazione tra gli archeologi del parco e i ricercatori baresi è al massimo. Si decide di fare un piccolo e veloce saggio di scavo per verificare l'effettiva presenza della struttura. Emerge subito quello che potrebbe essere il gradone semicircolare più alto del monumento. Si scava anche in corrispondenza dell'eventuale scena, anche qui si trovano strutture coerenti con la possibilità del teatro. L'età apparente della strutture emerse risalirebbe al periodo ellenistico- romano.

Non ci sono i soldi per continuare. Si chiude tutto in attesa di uno scavo totale e definitivo della zona. Si rinvia ad ottobre.