GRANDE CONFUSIONE NEL CIELO DEI SOCIAL, LA SITUAZIONE E' DEPRIMENTE di Pepi Burgio

Sembra che uno dei pochi vantaggi dell’età adulta, specie quand’essa è appesantita dalla ossessione della ineluttabilità del tramonto, sia questo: riuscire a discriminare con immediatezza il superfluo dal sostanziale, riconoscendo il vacuo, il superficiale, l’insignificante, optando decisamente per una riflessione onesta e generosa circa i reali interrogativi del nostro tempo.

Accade invece che alcuni, pur in possesso di indubbie risorse intellettuali, coltivino la frequentazione dei cosiddetti social network; e pur sperimentando spesso il carattere becero, plebeo talvolta assunto dalla rete, insistano, masochisticamente, secondo modalità e procedure che del dialogo democratico sono grotteschi simulacri.

Da tempo sono convinto di ciò, ed anche riconoscendomi talvolta distratto e poco sensibile alle ragioni del dibattito pubblico, lo stesso non mi riesce di navigare in questo brodo.

Giorni fa, sulla Lettura, Mario Vegetti, uno dei più autorevoli filosofi italiani, affermava che mettere ordine nel modo di pensare, in un’epoca di grande disordine mentale, è oggi uno dei compiti più pressanti ed urgenti della filosofia. Ciò si avverte dapertutto, dice Vegetti, e in maniera emblematica nei talk show televisivi, dove anche gli stessi filosofi che vi partecipano, vengono inesorabilmente risucchiati dalle dinamiche del format; che non possono che generare confusione, superficialità, quando non invettive rabbiose. I talk show, dice ancora Vegetti, rappresentano il trionfo degli slogan, delle frasi fatte, delle iterazioni retoriche; essi sono luoghi che strozzano la possibilità di costruzione di un ragionamento. Per finire quindi nella reiterazione compulsiva di svariati luoghi comuni, inevitabile manifestazione di un atteggiamento oppressivo. In un simile ambiente, direbbe Platone, che cuore credi possa avere il giovane?

Qualcosa di peggiore, al netto delle ovvie differenze, avviene anche presso altre forme di comunicazione sociale: i social network fra queste.

Dice Vegetti che nelle indagini d’opinione o, aggiungo io, nella sedicente democrazia della rete, è drammaticamente rintracciabile l’urlo della folla nelle assemblee ateniesi di cui parla Platone nella Repubblica: …con grande chiasso ora disapprovano ora approvano le cose che si dicono o che si fanno, sempre esagerando, con grida e strepito.     

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