MAROCCO. DOVE IERI E OGGI SI INTRECCIANO NELLE CASE E NELLA GENTE di Tano Siracusa
Viaggiando da Essaouira a Chefchaouen si attraversano circa 700 chilometri. Stradine di montagna, strade nazionali, autostrade, villaggi a mare, paesaggi desertici e fiumi fra valli verdeggianti, le periferie di Safi, Rabat e Casablanca, Tetouan andalusa, e infine Chaouen, con la sua medina fiabesca.
Si attraversa un paese in profonda trasformazione, con un Pil stabilmente sopra il 4%, un’agricoltura con un forte export, una crescente integrazione economica nell’area mediterranea, nuovi impianti industriali, investimenti massicci nelle infrastrutture viarie e nell’edilizia.
Di contro le distanze sociali rimangono profonde, il sistema sanitario è scadente (i gatti sono ovunque in Marocco, anche nelle corsie degli ospedali), i livelli medi di istruzione ancora bassi, con vaste sacche di emarginazione nelle periferie delle grandi città, dove la pressione islamista si manifesta non solo ormai nel reclutamento clandestino, ma anche in una crescente, aperta, aggressività sociale.
E tuttavia il Marocco rimane un paese relativamente sicuro, non meno dell’Italia.
Tradizionalmente orientata verso l’ asse sud - nord, con un forte legame con la Spagna e la Francia, la monarchia marocchina è al centro di una originale esperienza di modernizzazione, una ‘terza via’ fra le dittature laiciste e la deriva fondamentalista.
Nel pieno di una primavera marocchina che si autocelebrava evocando il ’68 parigino, Mohamed VI ha concesso una costituzione liberale e democratica, che ha sottratto il Marocco agli sconvolgimenti verificatisi al Cairo, a Damasco, a Tripoli e nella stessa Tunisia. Nell’incendio seguito alle primavere arabe, il Marocco è riuscito a trovare un pacifico passaggio riformista, intrecciando le spinte movimentiste all’iniziativa istituzionale della monarchia.
Ma al di là dell’originalità del suo recente percorso politico il Marocco è un paese che attraversa una difficile fase di transizione verso la modernità. Anche urbanisticamente il contrasto è violento: da una parte le medine, intricate, labirintiche, colorate, ad altissima densità di scambio e di comunicazione sociale, dall’altra le periferie di Casablanca, di Rabat, di Tangeri o Agadir, alveari condominiali con attorno il nulla o il ‘tutto’ di un moderno ipermercato.
C’è un dentro e un fuori, nel Marocco del XXI secolo. Dentro e fuori le mura che chiudono le medine. Dentro il passato, la tradizione, un medioevo con internet e qualche hotel dove si consuma alcol, fuori il futuro, le città moderne, i nuovi centri urbani larghi, luminosi (nessuno sfida la verticalità dei minareti), alberati, eleganti; e poi le desolate, interminabili periferie.
E’ nel difficile equilibrio fra il dentro e il fuori, fra tradizione e modernità, che il Marocco, la California dell’Africa, cerca il suo passaggio nel nuovo millennio, e l’esito di questo processo interroga su un possibile modello di modernità capace di una più profonda mediazione con il passato. La scomparsa, lo svuotamento delle Medine, distruggerebbe l’identità del paese, già etnicamente complessa per la molteplicità delle popolazioni berbere.
‘Ad Essaouira, dice Renzo che vi abita da alcuni decenni, alcuni lasciano la Medina per andare a vivere fuori le mura, nei nuovi appartamenti condominiali.’
Eppure le medine sono vive, attraversate dai flussi turistici, ma ancora vive, animate, immerse in una quotidianità le cui forme urbanistiche e in larga misura sociali si ripetono da secoli.
Ad Essaouira, come a Chouen, si entra e si esce dal medioevo alla contemporaneità attraversando delle porte. Da una parte tramestio di passi, voci, animali, viuzze, piccole botteghe, ombre, dall’altra traffico automobilistico, grandi piazze, la squillante luce di ottobre.
Da noi, in Sicilia, i centri storici di molti paesi dell’interno sono stati abbandonati, da noi fra mezzo secolo il moderno non avrà più un passato, le sue pietre, la sua architettura, cui collegarsi. Difficile immaginare che una catastrofe analoga possa avvenire con le medine in Marocco.