"SONO PRONTO A METTERMI A DISPOSIZIONE DELLA CITTA'" di Vincenzo Campo

Credo sia giunto il momento che io cominci a dare delle risposte.
Infatti, un gruppo qualificato di persone, di intellettuali, di professionisti, di persone assolutamente per bene, mi ha chiesto di candidarmi a sindaco.
Da diverse parti, da persone che non immaginavo neanche che potessero seguire discussioni sui social network, da conoscenti, da amici, da gente comune, direttamente e indirettamente, mi sono venuti incoraggiamenti e attestazioni di stima, che mi hanno dato grande soddisfazione, e perché no?, mi hanno fatto anche inorgoglire.
Sono venute anche critiche e si sono manifestati dissensi.
L’on. Di Mauro, persona che io stimo per la sua lealtà, ha espresso il convincimento che il sindaco della Città non può essere una persona espressa dalla cosiddetta società civile perché deve avere competenze e professionalità che a un dilettante necessariamente mancano.
È vero; è giusto, e io lo condivido.
Ma è fin troppo facile obbiettare che i sindaci che abbiamo avuto da ultimo, per quanto politici professionisti o semiprofessionisti, non imprestati alla politica ma inseriti organicamente nel mondo di questa, con competenze specifiche elevatissime tanto che qualcuno di loro è perfino consulente d’un ministro, non è che hanno saputo o voluto o potuto fare granché per questa Città disastrata.
Ma l’obbiezione è fin troppo facile e non la faccio.
Potrei dire anche che, come si dice a Roma, nessuno nasce imparato e che, poiché credo di essere normodotato almeno quanto chi ha fatto il sindaco fino ad ora, potrei, con un po’ d’esercizio recuperare la pratica che mi manca.
Ma non lo dico neanche.
Dico invece che riconosco la mia inadeguatezza e che è per questo che una delle condizioni che ho posto a chi mi sollecita a candidarmi è che si costituisca un gruppo permanente che abbia le conoscenze e le competenze adeguate in ogni possibile settore e che si impegni fin da ora, fin dal momento della candidatura, a svolgere con me l’azione amministrativa.
Poi, un mio vecchissimo amico, che stimo e che apprezzo, pur non riferendosi direttamente a me, ma nel parlare in generale di chi si candida a sindaco, anche con l’autorevole supporto professionale di chi di analisi psicologiche e psichiatriche s’intende, ha sostenuto e ben spiegato che chi oggi si propone come possibile sindaco di Agrigento o è santo –o quanto meno vocato alla santità- o è narcisista. Cioè, nell’uno e nell’altro caso non ha tutte le rotelle a posto.
Anche lui, anche Tano e il suo consulente psichiatrico hanno ragione.
Ma a me non è venuto in mente di candidarmi; mai m’è successo d’essermi guardato allo specchio, d’essermi trovato bello e capace e d’aver deciso di giocare al piccolo sindaco. Proprio mai.
Piuttosto è successo che un gruppo di persone, qualificate io credo per ragioni d’intelligenza e d’equilibrio, abbiano pensato che io potrei essere un possibile sindaco di rottura e di discontinuità per la Città che amiamo e che tuttavia non ha avuto la ventura d’essere amministrata. Non “amministrata bene”, ma “amministrata” e punto. Quando qualcuno di loro mi manifestò quest’idea, e fu nello scorso mese di gennaio, io risi: credevo che scherzasse, che mi si volesse amabilmente coglionare. Non scherzava e dopo quella volta è tornato altre volte. Ho fatto obiezioni, ho espresso tutte le difficoltà e le remore che vedevo e che sono esattamente quelle che individua Tano e qualcuna di più; ho manifestato chiaramente il mio sentirmi inadeguato al compito, alla candidatura prima e all’eventuale attività amministrativa dopo; ho perfino obiettato che non volevo perdere la pace e la tranquillità che mi dava e mi da il mio giocare al piccolo locandiere, qui, in uno dei posti più belli del mondo, di quelli che riappacificano te e la tua anima col mondo intero. Hanno insistito e ci ho riflettuto a lungo; per mesi.
Mi sono detto e ho pensato che qui ci sono belle intelligenze, che ci sono esperimenti recenti che lasciano ben sperare, che a fronte della immobile palude del mondo dei partiti, c’è la vivacità di quello delle associazioni che sono sorte spontanee e che hanno aggregato le persone, e soprattutto i giovani, intorno a progetti più o meno generali e generalisti; che forse la mia personale inadeguatezza, la mia assoluta incapacità di fare miracoli –caratteristiche queste non solo da me conosciute, ma anche proclamate a viva voce- avrebbero potuto essere compensate da un lavoro collettivo, di una squadra che nella mia testa contemplava e contempla pure Tano. È per questo che le sue osservazioni psicanalitico-fideistiche mi hanno un po’ amareggiato. Ma solo un po’. Ho immaginato che le migliori intelligenze e le migliori capacità agrigentine che finora si sono mosse come monadi solitarie e isolate, e qualche volta pure contrapposte, potessero, una volta unirsi; che i vari “io” potessero, per una volta, trovare un amalgama, una sintesi e non una sommatoria occasionale, per cominciare a realizzare le cose che proprio Tano vuole realizzare. “Cominciare” a realizzare e non “realizzare”, nella piena consapevolezza delle difficoltà che so enormi.
In questo quadro, dunque, con queste condizioni, metto a disposizione delle Associazioni culturali e politiche che sono sorte in Città e di tutti i partiti della mia area di riferimento la mia possibile candidatura, secondo le regole di ciascun partito e di ciascuna associazione; tutto ciò nella speranza e con l’augurio che si costituisca uno schieramento il più ampio possibile, che possa vincere le elezioni; che possa inaugurare un vero, autentico nuovo corso in netta discontinuità col passato e che consenta di sperimentare un’altrettanto autentica amministrazione collettiva di Agrigento.

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