IL 1° MAGGIO DI TUTTI? MAH... di Vincenzo Campo

[img:1 align=float_left title=bottom]Due delle feste civili più importanti del nostro Paese sono capitate, quest’anno, a ridosso delle ultime elezioni; non voglio dire nulla delle elezioni, se non che è indubbio che esse hanno avuto un valore e un significato che io penso epocale e che fanno dolorosamente il paio con quelle di quel 18 aprile 1948.
Quello che qui m’interessa rilevare è che un po’ da tutte le parti, ora, si comincia a sentire un sorta di rivendicazione di titolarità di queste due ricorrenze da parte dei vincitori; i vinti, ovviamente, ne siamo stati storicamente titolari e mi pare che nessuno, fino ad ora, si sia spinto al punto da rivendicare un sorta di titolarità in esclusiva. Dunque stiamo zitti.
Il 25 aprile, perciò, è di tutti e lo ha sottolineato e ribadito pure il Presidente delle Repubblica. Ne sono perfettamente convinto e mi pare addirittura sacrosanto che il Presidente, in questi momenti difficili, lo ricordi pure a chi finora se n’è curato poco; perché finora, fino all’altro ieri, ammettiamolo pure, di bandiere liberali e cattoliche se ne vedevano poche alle manifestazioni della Liberazione.
Benissimo: la Festa della Liberazione è patrimonio di tutti, come, allora e per conseguenza, patrimonio di tutti è la Costituzione repubblicana che è stata partorita da quella Liberazione; quella Carta fondante e fondamentale che si è dimostrata potente strumento di garanzia di libertà e di democrazia e che perciò non può e non deve essere messa in discussione.
Ma, ora, passato il 25 aprile si passa al primo maggio. Il Primo maggio è di tutti, sento dire. Resto prima basito, poi mi rianimo, rifletto un po’, cerco di mettere insieme tutte le capacità dubitative che possiedo, cerco d’allontanare ogni possibile germe dogmatico che possa attaccare la mia intelligenza e, alla fine, rimango perplesso.
Mi viene in mente una prima pagina d’un Manifesto (il quotidiano, intendo) di tanti, troppi anni fa: Il primo maggio è giornata internazionale di lotta contro il lavoro salariato e il capitale, diceva più o meno. Vabbé!, mi si obbietterà, quelli erano comunisti e perfino un pochino extraparlamentari –nati con cinque deputati fondatori non ne ebbero neanche uno alle prime elezioni dopo la fondazione: extraparlamentari per volontà elettorale... un po’ come Bertinotti oggi, insomma –; certo: era una visione troppo di parte; e poi oggi siamo tutti interclassisti. Ma allora cos’è ‘sta festa del 1° maggio?
Ma il 1° Maggio non è la festa dei Lavoratori? E se è dei lavoratori, com’è che d’un tratto e senza neanche cambiar nome, diventa festa di tutti? Può darsi che io abbia un’idea distorta e parziale del concetto di lavoratore, e dev’essere lì la causa della mia mancanza di comprensione. O forse, questa rivendicazione di titolarità, sta nel fatto che abbiamo, un po’ tutti la memoria corta: in una società che fagocita e digerisce tutto quasi con la velocità, in una società in cui, per dirne una facile-facile, il telefonino inventato ieri sembra cosa che appartiene alla storia classica, non posiamo certo ricordare cose che sono accadute sul finire di due secoli fa.
Ricorderà qualcuno con me, pedante e fastidioso come me, che il primo 1° maggio –il bisticcio mi piace – si festeggiò addirittura nel 1890 e fu scelta quella data perché qualche anno prima, a Chicago, durante una manifestazione operaia, qualche operaio era morto ammazzato e qualche altro era stato ferito; e se qualche altro avrà la pazienza di cercare con me tra le cartacce della storia del movimento operaio, scoprirà un volantino diffuso a Napoli proprio nel 1890 che mi pare, oggi, di una ingenuità commovente: Lavoratori - dice - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora.
Ihhhh! Che vai pensando!, sento già qualche amico ex verde e oggi veltroniano che mi contesta d’essere vecchio e per di più vetero–leninista; storie vecchie, quelli erano gli esordi, la nascita, ma poi....
Eggià. Ma poi? Mi duole d’esser tacciato di vetero o neo leninismo, io che leninista non sono mai stato e per di più oggi, nell’era del “volèmose tutti bene”. E penso e rimugino. E non mi viene niente che sia stato di segno contrario e anzi, purtroppo, invece mi ricordo di Portella della Ginestra, del 1947 e del Bandito Giuliano: c’era una manifestazione di lavoratori, non di agrari, un comizio e arrivò Salvatore Giuliano coi suoi bravi e fece fuoco sulla gente. Non sugli agrari.
Nel 1955, poi, il Papa, che era Pio XII, istituì la Festa di San Giuseppe artigiano e la fissò, giusto-giusto, guarda che combinazione!, per il 1° maggio. Del resto, se la Chiesa era stata così abile nel trasformare tutte le feste pagane in cristiane, perché mai non doveva riuscire a trasformare in questo senso anche quella che i lavoratori, da se stessi, avevano istituito. E tuttavia non ci riuscì e il San Giuseppe di tutti è rimasto quello puro e semplice, senza qualificazioni professionali, del 19 marzo. Di fatto, dunque, non la trasformò e piuttosto alla festa laica dei lavoratori, ne aggiunse una religiosa; ma sempre dei lavoratori e non di tutti; prova ne è che, qualche anno dopo, nel 1975, il Papa Paolo VI concluse la sua omelia per la Festa di San Giuseppe Artigiano col dire “noi salutiamo in voi tutto il mondo del lavoro [...]. Lasciate che il nostro pensiero particolare si rivolga in modo speciale a tutti quelli che soffrono per la pesantezza e per la insalubrità della loro fatica, per la insicurezza della loro occupazione, per la insufficienza delle loro abitazioni e delle loro retribuzioni”.
La festa del 1° maggio è la festa dei lavoratori e, se vogliamo, di quel mondo che al mondo dei lavoratori si rifà, e non d’altri. Con buona pace di tutti, non è e non può essere la festa di tutti.
Dobbiamo ora spettarci che i discendenti di Umberto di Biancamano, siano essi di Savoia o d’Aosta, rivendichino la titolarità della Festa del 2 giugno? ... e penso a Covelli –chi se lo ricorda? -che si rivolta nella tomba....

 

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