SAN CALO', NON SCIENZA MA OPERA DI FEDE E BELLE LETTERE di Tano Siracusa
Caro Giovanni, ti conosco come distaccato, un po’ ironico osservatore delle cose di san Calò. In questi giorni, dopo l’increscioso episodio calabrese dell’inchino della Madonna al boss locale, la stampa nazionale si è molto occupata di feste religiose. Francesco Merlo su Repubblica e Matteo Collura sul Corriere fra gli altri. Mi sembra che prevalga negli articoli, nei testi spesso brillanti, il tuo stesso atteggiamento. Diciamo laico? Non è il mio, nel caso di san Calò almeno. E più in generale ritengo che le feste religiose custodiscano tesori di reperti storici, antropologici, etnografici e di stratificazioni religiose, autenticamente religiose, non assimilate nelle forme del culto cattolico, che andrebbero maggiormente studiate e anche protette. Difese non solo dalle penose, proterve e diffuse intrusioni dei mafiosi, ma anche da quelle di una ‘modernizzazione’ che spesso trova sostenitori sia nella Chiesa istituzionale che fra i bempensanti. Sempre sospettosi entrambi delle scorribande annuali di quel santo nero, nero come i villani di Rabato ieri, come gli immigrati oggi.
Scrivevo in questi giorni in un articolo che di san Calò non può darsi scienza, ma buona letteratura si, e citavo Politi, Pirandello e Camilleri, ma soprattutto Biondi, Settimio Biondi. Dimenticavo in quell’articolo che san Calò ha anche ispirato un bellissimo documentario di Antonio Bellia, ‘Il santo nero’, le opere di numerosi artisti agrigentini raccolte qualche anno fa in una mostra (Agozzino, Bruccoleri, Carisi, Provenzano, Tedesco, Sclafani, Passarello), testi teatrali di Matteo Collura e Salvatore Passarello, e una vasta produzione fotografica e di video. Alla quale si aggiunge questo ‘san Calò, 2014’, girato domenica scorsa.
https://www.youtube.com/watch?v=HHEhO09obc4