IL GRANDE BLACK di Tano Siracusa
Submitted by Suddovest on Thu, 03/07/2014 - 09:38
Il randagismo di cani e gatti nella nostra città sedimenta fra gli umani una sua storia orale, che tramanda le gesta di personaggi più o meno illustri, qualcuno, come il Cane Nero, quasi leggendario.
Più conosciuti ovviamente i randagi di specie canina, data la spiccata sedentarietà dei gatti e la loro notorietà solamente rionale. Sulla quale andrebbe comunque condotta una indagine che riserverebbe non poche sorprese, essendovi fra i gatti randagi personalità di spicco, eccentriche, a volte misteriosamente propense a stabilire problematiche ma affascinanti amicizie con gli umani.
I cani randagi hanno invece un territorio assai più vasto (un grosso cane, di pelo lungo, dopo avere fatto il pendolare fra s. Leone e Agrigento ha da qualche anno stabilito la sua residenza nella località balneare). Li conoscono tutti, e se qualcuno di loro manifesta una spiccata familiarità con i bipedi è inevitabile che prima o poi fra di loro si faccia degli amici, che se ne parli in giro, che lo si riconosca e gli si dia un nome. A volte, proprio perché il territorio è vasto, finisce che gli sia diano nomi diversi nelle diverse zone della città.
E’ accaduto anche con il Cane Nero, e perciò l’ho sempre chiamato così. Il suo territorio era molto vasto, da via Dante al centro storico, anche se aveva vissuto a quanto pare la prima parte della sua esistenza dalle parti del Quadrivio Spinasanta.
Era comunque un frequentatore assiduo di via Atenea, quando ancora era il frequentato palcoscenico della città e dove con equanime interesse assisteva ai comizi di Sammaritano a Porta di Ponte oppure si associava ai capannelli attorno al sindaco Sodano.
Partecipava anche alle manifestazioni religiose, e pure qui con un ecumenico riguardo sia per il baccanale del santo nero che per la severa e mesta processione del Venerdì Santo.
In realtà gli piacevano gli assembramenti umani, le luminarie e la musica delle feste. Davanti al Municipio assisteva con moderato interesse alle esibizioni dei gruppi folkloristici durante la Sagra del Mandorlo e inseguiva con la grossa coda festante tutte le sirene che attraversavano la città.
Ovviamente esercitava sugli altri individui della sua specie una suggestione carismatica che emanava forse dalla sua assidua frequentazione degli umani. Spesso era accompagnato da qualche altro cane, ma come un guru, come un maestro può essere seguito dai suoi discepoli.
In via Atenea aveva parecchi amici. Alcuni gli davano da mangiare, alcuni no, ma con tutti si intratteneva educatamente, spesso incrociando le zampe in una postura molto nobile e molto umana.
Non aveva padroni, aveva amici.
Quando è caduto vittima del traffico automobilistico, in un’estate di qualche anno fa, un suo amico lo ha ricordato con un necrologio sul quotidiano locale.
Più conosciuti ovviamente i randagi di specie canina, data la spiccata sedentarietà dei gatti e la loro notorietà solamente rionale. Sulla quale andrebbe comunque condotta una indagine che riserverebbe non poche sorprese, essendovi fra i gatti randagi personalità di spicco, eccentriche, a volte misteriosamente propense a stabilire problematiche ma affascinanti amicizie con gli umani.
I cani randagi hanno invece un territorio assai più vasto (un grosso cane, di pelo lungo, dopo avere fatto il pendolare fra s. Leone e Agrigento ha da qualche anno stabilito la sua residenza nella località balneare). Li conoscono tutti, e se qualcuno di loro manifesta una spiccata familiarità con i bipedi è inevitabile che prima o poi fra di loro si faccia degli amici, che se ne parli in giro, che lo si riconosca e gli si dia un nome. A volte, proprio perché il territorio è vasto, finisce che gli sia diano nomi diversi nelle diverse zone della città.
E’ accaduto anche con il Cane Nero, e perciò l’ho sempre chiamato così. Il suo territorio era molto vasto, da via Dante al centro storico, anche se aveva vissuto a quanto pare la prima parte della sua esistenza dalle parti del Quadrivio Spinasanta.
Era comunque un frequentatore assiduo di via Atenea, quando ancora era il frequentato palcoscenico della città e dove con equanime interesse assisteva ai comizi di Sammaritano a Porta di Ponte oppure si associava ai capannelli attorno al sindaco Sodano.
Partecipava anche alle manifestazioni religiose, e pure qui con un ecumenico riguardo sia per il baccanale del santo nero che per la severa e mesta processione del Venerdì Santo.
In realtà gli piacevano gli assembramenti umani, le luminarie e la musica delle feste. Davanti al Municipio assisteva con moderato interesse alle esibizioni dei gruppi folkloristici durante la Sagra del Mandorlo e inseguiva con la grossa coda festante tutte le sirene che attraversavano la città.
Ovviamente esercitava sugli altri individui della sua specie una suggestione carismatica che emanava forse dalla sua assidua frequentazione degli umani. Spesso era accompagnato da qualche altro cane, ma come un guru, come un maestro può essere seguito dai suoi discepoli.
In via Atenea aveva parecchi amici. Alcuni gli davano da mangiare, alcuni no, ma con tutti si intratteneva educatamente, spesso incrociando le zampe in una postura molto nobile e molto umana.
Non aveva padroni, aveva amici.
Quando è caduto vittima del traffico automobilistico, in un’estate di qualche anno fa, un suo amico lo ha ricordato con un necrologio sul quotidiano locale.
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