IL NUOVO SINDACO E LA 'QUIDDITA'' AGRIGENTINA di Tano Siracusa
Da tempo mi vado convincendo che se esiste un ‘quid’ dell’agrigentinità, una sua cellula originaria e generativa, bisogna cercarli osservando il comportamento degli abitanti della città quando sono al volante della loro auto.
Si sa che l’uso dell’automobile nella città dei templi è reso pressoché indispensabile dalle distanze da grande metropoli, da un servizio pubblico di trasporto diradato e senza orari e dal rapporto sensuale e geloso che gli agrigentini intrattengono con le loro automobili, con le quali si accompagnano sempre anche dove non dovrebbero, cioè dentro tutto il recinto della vecchia città murata, di un centro storico costruito per i bipedi e i quadrupedi e non per le automobili. Via Atenea rimane una delle poche vie-salotto d’Italia dove le auto passano e posteggiano, evidente concausa del suo decadimento.
Le cosiddette autorità politiche e amministrative lasciano fare, assecondano, per convinzione o convenienza. I vigili urbani disertano il mercato del martedì in via Gioeni dove le auto posteggiano in quarta, quinta, sesta fila, nel centro dello slargo dove gli automobilisti congestionati realizzano nell’incastro diabolico del traffico la più esemplare delle controfinalità. Ma forse non è così, perché il fine supremo è portarsi la macchina fin sotto casa, davanti al bar, ferma nel centro della strada perché c’è un vecchio amico che ci deve raccontare le sue ultime disavventure amorose.
Ma queste sono semplici manifestazioni fenomeniche di quel ‘quid’ noumenico che potrebbe sbrigativamente riassumersi nel radicato convincimento che gli altri non esistono, che sono della stessa consistenza dei sogni o delle immagini virtuali, forse delle allucinazioni, di sicuro partecipi di un livello di realtà inferiore a quella del proprio io. E alla realtà dei familiari, degli amici, degli amici degli amici, degli elettori.
Per l’automobilista agrigentino l’altro non esiste, e perciò non c’è alcun motivo per segnalare a chi sta dietro se vuole andare a destra o a sinistra, così come non c’era niente di male a tirare su i palazzoni che sbarravano alle abitazioni del centro storico la vista della valle e del mare.
Non c’è nessuno dietro l’automobile che si guida come non c’era nessuno dietro i tolli che scalavano il cielo mezzo secolo fa. E se proprio quelle figure a noi straordinariamente somiglianti che si agitano nello spazio attorno fossero in qualche modo reali, il quid dell’agrigentinità avrebbe una ribalda e annoiata risposta pronta: peggio per loro.
Pirandello certo non avrebbe acconsentito a quell’ipotesi, il suo dubbio investiva l’identità stessa dell’io, lo esponeva al rischio della dissociazione schizoide. Gli agrigentini del secondo dopoguerra si sono emancipati dalle complicazioni filosofiche e dalle inclinazioni alla divisione dell’io dell’illustre e poco amato concittadino. Il loro io si è ispessito, si è integrato, si è indurito, mantenendo nell’irrealtà, o se si preferisce nella scepsi pirandelliana, soltanto l’altrui pretesa di esistere.
Minchiate? Quasi certamente, infatti è poco probabile che un prossimo candidato sindaco dica chiaro e tondo che l’intero centro storico andrebbe chiuso progressivamente al traffico automobilistico, progettando e realizzando strutture alternative di mobilità, a cominciare dalle scale mobili di cui si parla da anni. Che la messa in funzione delle metropolitane di superficie utilizzando l’esistente rete ferroviaria sia una delle priorità cittadine, per accorciare le distanze fra il centro e le periferie, per determinare un generale risparmio di tempo, di spazio e di carburante, di risorse cioè sempre più rare. Che andrebbe pedonalizzato l’intero Viale della Vittoria e piazza Vittorio Emanuele trasformata in un piccolo parco, a risarcimento anche dello scempio di villa Garibaldi compiuto nell’immediato dopoguerra dalla comunità agrigentina.
Si potrebbe fare. Si fa nella maggior parte dei centri storici di Italia. Anche nelle piccole città, quelle moderne che un centro storico non ce l’hanno. A Capo d’Orlando, sindaco di destra, vi sono ampie zone pedonalizzate, si possono utilizzare con modica spesa le biciclette elettriche e il traffico automobilistico è quasi sparito.
Ma si è mai visto un politico mettere in discussione la quiddità dei suoi elettori?