UOMINI E RANDAGI IN CILE di Tano Siracusa

Davanti al palazzo della Moneda ci sono sempre dei carabineros impettiti nelle loro divise verdi, e fra i piedi dei carabineros ci sono sempre quattro o cinque cani randagi. Ai cani fa evidentemente piacere la prossimita' degli uomini in divisa dai quali peraltro vengono ignorati, resi invisibili dall'abitudine. Indubbiamente i rapporti fra i guardiani del potere e i cani nel cuore di Santiago sono eccellenti. Chi tuttavia volesse indurre da questa circostanziata predilezione per le divise una generale inclinazione canina per i simboli, le convenzioni sociali, l'orizzonte di senso della destra, si troverebbe presto fuori strada. Qui i cani non stanno dalla parte dell'ordine, della disciplina e dei ricchi. La moltitudine di cani randagi che popola i villaggi e le citta' del Cile, o meglio i centri storici e le periferie delle citta', manifesta casomai un'anarcoide incomprensione, un eversivo scetticismo nei confronti del grande agitarsi degli umani, sempre piu' indaffarati nell'entrare a mani vuote dai negozi per uscirne pieni di sacchetti rigonfi. Oggi il Cile e' una delle locomotive dell'economia latinoamericana. A quella frenesia cinetica i cani randagi oppongono l'indolenza del loro abbandono, un oziare compiaciuto ed esibito. Un atteggiamento molto 'meridionale' o molto indio, che da queste parti vuol dire piu' o meno la stessa cosa. Se ne stanno allungati a sonnecchiare sui marciapiedi e sulle panchine, davanti e qualche volta anche dentro i negozi, le scuole, i caffe' e i ristoranti, le chiese e le stazioni degli autobus e dei tram, a volte anche all'ingresso di qualche banca. Amano l'ozio, il silenzio, le ciotole per strada piene di cibo, e poi naturalmente le carezze, gli abbracci dovuti, le coccole degli umani. Sotto questo aspetto piu' che cani sembrano gatti. Anarchicamente estranei agli automatismi della grande macchina della produzione e del consumo, sono tuttavia rispettosi di certe prescrizioni di pubblica utilita': se devono proprio attraversare una strada lo fanno sulle strisce e in fila indiana, e se devono scomodarsi ad abbaiare o addirittura inseguire qualcuno e' di sicuro un motociclista o un automobilista che ha invaso gli spazi pedonali. E poi manifestano una evidente predilezione per gli ambienti sociali piu' popolari e le per le manifestazioni di piazza, siano esse religiose, civili, culturali oppure politiche e sindacali, manifestazioni che in qualunque paese del mondo sono prerogativa dei poveri di spirito e di reddito. Insomma se proprio bisognasse iscriverli ad una sponda politica sarebbe certamente quella di sinistra, sia pure di una sinistra irregolare e sbandata, dadaisticamente disfattista, alla Roberto Bolano, che era nato a Santiago e che il prezzo per la sua irregolarita' lo pago' tutto. Fatto sta che nei primi giorni di dicembre a Valparaiso un piccolo corteo di donne veniva capeggiato da quattro cani che si erano distaccati da un piu' vasto branco di randagi, accampato al seguito di un gruppo di panck coloratissimi e senza tetto. I cani abbaiavano solo quando le donne scandivano i loro slogan, e quando i carabineros hanno bloccato il corteo all'ingresso di una piazza centrale uno di questi cani, un piccoletto bianco pezzato di nero, si e' messo a ringhiare contro gli uomini in divisa. Insomma, se non costituiscono un soggetto sociale, i cani del Cile sono comunque un soggetto collettivo che ha una sua vivace e differenziata socialita'. Ma soprattutto sono un segno di resistenza, forse il piu' vistoso, al nuovo che avanza. Un pezzo di sud che sopravvive, una bolla di indisciplina, di rifiuto, comunque una inclusione mancata nel modello vincente in Cile come in tutto il Sudamerica e in tutto il mondo: quello dei non luoghi, della vita collettiva atomizzata e automatizzata, della fretta, delle luci artificiali, di cui forse gli sterminati centri commerciali cileni sono la manifestazione piu' compiuta. E da dove infatti i cani randagi sono scomparsi.
 
 
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