ESISTE OGGI LA SINISTRA? di Alfonso M. Iacono

Esiste oggi una sinistra? Non si tratta di una domanda retorica. Se infatti ci atteniamo alla definizione di Norberto Bobbio che identificava la sinistra con la questione dell’eguaglianza, la risposta è secca: no! In Italia ci sono due o più destre (ma anche l’Europa non scherza, con in più il crescere in Francia, in Germania e nel nord di una destra fascista aggressiva e pericolosa) che si contrappongono facendo il gioco delle parti per cui l’una è la destra riconosciuta e l’altra è una destra con le vesti di una sinistra. Troppo schematico? Forse sì, ma è meglio non sfumare troppo in un momento storico in cui ogni cosa si confonde a cominciare da un governo dove tutti stanno insieme appassionatamente. E nella confusione ci si mette anche Gianfranco Pasquino quando, nel difendere la figura di Napolitano, afferma che egli è l’unico baluardo della democrazia. Ma se è l’unico, se tutto è affidato a un uomo solo, allora la democrazia è già perduta. Inoltre, quando si pensa che bisogna accettare l’esistente, dunque la situazione attuale con il Presidente della Repubblica come ultimo baluardo, perché altrimenti può arrivare il peggio, quando si affonda in questa psicologia della disperazione politica, allora vuol dire che il peggio arriverà sicuramente. Ma torniamo all’eguaglianza nella situazione sociale e economica di oggi. Un tempo l’autonomia finanziaria dei politici con cariche istituzionali, come parlamentari e consiglieri, aveva un senso, perché ciò poteva rappresentare una garanzia contro il pericolo della dipendenza dai poteri forti, dalla corruzione e della connivenza. Ma le organizzazioni politiche, in particolare quelle di sinistra, sia pure con molti problemi, regolavano e controllavano il finanziamento. Oggi, specie con la trasformazione dei partiti di massa in partiti di opinione, l’essere eletti e avere cariche istituzionali si è trasformato per molti in un passaggio sociale e economico, in un salto di status ovvero in una sorta di ‘tranquillità economica’ che va al di là della necessaria autonomia nell’agire politico e porta verso la formazione di masse di manovra ben pagate dalla stato per servire fondamentalmente quel 10% di ricchi che detengono il potere economico e sociale. Non dico che questo avvenga consapevolmente. Spesso è l’atmosfera, sono le frequentazioni, le amicizie, le relazioni che finiscono con il configurare un contesto oligarchico allargato dove obiettivi programmatici tesi a ridurre le diseguaglianze vengono del tutto disattesi o dimenticati. Si tratta di un meccanismo infernale di riproduzione di un sistema politico che si conserva e si autoalimenta attraverso un ricambio legittimato dalle forme istituzionali della democrazia. In realtà non sto dicendo niente di nuovo. Sto parlando della degenerazione della democrazia già individuata nientemeno che da Platone e da Aristotele e poi da quasi tutti i grandi filosofi e teorici moderni. Ma oggi noi facciamo finta di non accorgerci di questo e fingiamo di stupirci quando i magistrati indagano sulla corruzione e sulle mafie, che appunto si alimentano silenziosamente di un tale sistema

categorie: