IL PD E IL CONCETTO DI EGUAGLIANZA di Alfonso M. Iacono

Vi è un gran movimento nel PD della Toscana, almeno a quanto sembra, in vista del congresso e delle candidature a segretario del partito. Molti sindaci, anche di città importanti, volgono lo sguardo verso Renzi. Qualcuno teme il giochetto di un candidato alternativo al sindaco di Firenze, per esempio Cuperlo da usare come possibile specchietto per le allodole per poi essere ritirato all’ultimo momento in vista di un accordo con il vincitore sulla testa di tutti. Non so se sarà questo lo scenario. D’Alema ha detto di no e tutti affermano di amare la franchezza, ma certo, a forza di dirlo e ribadirlo, viene più di un sospetto. E se invece di perdere tempo con i pettegolezzi, le frasi infelici, le battute, le allusioni, i colpetti di scena, si discutesse un po’ di più di visioni del mondo, di speranze e di programmi? I leader del PD e, nella fattispecie, i candidati, ufficiali e non, si stanno strappando le vesti nell’affermare che bisogna tornare fra la gente, coinvolgerla, farla partecipare, abbandonare il passato, volgersi al futuro. Eppure nessuno si fa la domanda elementare chiedendosi cosa voglia dire essere di sinistra nell’epoca della globalizzazione. Evidentemente deve essere già chiaro a tutti, eppure nei programmi che ho potuto vedere di leader come Renzi, Cuperlo e Barca non ho trovato di fatto una parola che nel mondo ha da sempre caratterizzato una sinistra, anche se è stata certo inventata assai prima: eguaglianza. In un mondo di pochi ricchi e di molti poveri, che diventano sempre più poveri, questa parola ha da sempre accompagnato a sinistra la libertà e la democrazia, ma oggi viene elusa, distorta, sottaciuta. Ma non è la parola che distingue la sinistra dalla destra? Eguaglianza non vuol dire conformismo o omologazione. L’eguaglianza è una condizione primaria per far sì che le diversità e le differenze emergano realmente. Essa non può esaurirsi nella giustizia, perché è la giustizia che ha bisogno dell’eguaglianza per essere giusta. Renzi parla di equità. Vorrei che si spingesse oltre, perché purtroppo si può essere equi anche nelle diseguaglianze. Cuperlo parla di eguaglianza nell’influenza politica e delle diseguaglianze degli ultimi trent’anni e scrive nel suo programma:”a venire travolta è stata una chiave morale: l’idea perseguita nel tempo di ineguaglianze ‘tollerabili’ solo se destinate a migliorare le condizioni dei più sfavoriti”. Ma cosa sono le ineguaglianze ‘tollerabili’? Se siamo arrivati dove siamo arrivati, forse è perché l’dea stessa della ‘tollerabilità’ delle ineguaglianze era sbagliata e subalterna a quella che l’arricchimento dei ricchi avrebbe avuto un effetto di trascinamento dei poveri verso il benessere. La caricatura di questa idea fu il famoso ‘milione di posti di lavoro’ promessi da Berlusconi. Nel documento di Barca, tutto puntato sull’organizzazione interna del partito, la parola eguaglianza, se non erro, non compare.
Molti grandi economisti da Sen a Stieglitz sostengono che sono proprio le diseguaglianze a rappresenate oggi il male storico del mondo globalizzato (dove il lavoro non è scomparso, ma è stato spostato a basso prezzo nelle schiavitù di paesi non occidentali). Papa Francesco è molto più esplicito sulla necessità morale dell’eguaglianza. Alla politica questo non compete? Cosa frena la sinistra italiana e in particolare il PD sul tema dell’eguaglianza? Perché è tanto elusiva su questo punto? Cosa significa oggi essere di sinistra? Non sarà il caso di fare un po’ di chiarezza? Per una regione come la Toscana governata dal PD, che ha molti leader importanti nel PD, la domanda è d’obbligo.

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