ANDREA CAMILLERI

''...insomma, si dice con una frase che mi sta orribilmente antipatica: non riesco ad elaborare il lutto. Cioè certe mattine mi sveglio e dico: ma perché Elvira non mi telefona? Oppure: devo telefonare a Elvira''.
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''Poco viene ricordato che è stata un membro del CDA della RAI all'epoca dei 'professori' che rinnovarono veramente in gran parte la RAI e lei, se non ricordo male, mi pare fosse stata chiamata a quel posto da Napolitano, che allora aveva un'altra carica istituzionale. Lei, dei grandi editori, quelli leggendari, italiani, Mondadori in testa, Elvira aveva il fiuto. Cioè,
è una cosa difficile da spiegarsi, cos'è: io l'ho vista all'opera. Cioè a dire, era come i rabdomanti, quelli che sentono l'acqua sotto terra in profondità. A Elvira bastava leggere le prime pagine di un libro per capire, per 'sentire' la presenza di un autore. Cioè andava a colpo sicuro, raramente sbagliava: è un dono di natura e noto con piacere che anche Antonio è dotato di un buon fiuto: suo figlio.
Ma io di Elvira vorrei ricordare l'opera quasi da cane da tartufo che fece con Gesualdo Bufalino per fargli tirar fuori 'La diceria dell'untore'. E poi, che so? Una sfilza di autori ad andare da Antonio Tabucchi a Carlo Lucarelli, a Santo Piazzese.
Un'altra cosa che mi piaceva di Elvira erano i suoi giudizi sui libri che aveva pubblicato o che doveva pubblicare. Curiosamente in quelle occasioni il suo vocabolario si impoveriva; cioè un giudizio di Elvira consisteva in un massimo di dieci parole, ma ognuna di queste dieci parole aveva un peso massa proprio da stella implosa, erano proprio pesantissime: quelle, non altre. Non c'erano frasi contorte nei suoi giudizi, giri di frase, parole non dette, parole, mezze parole, allusioni; no. Il giudizio era sempre penetrante, chiarissimo, immediato e anche il suo dissenso, le sue riserve, ma siccome sapeva di star facendo delle riserve, allora sorrideva e questo era un segno caratteristico suo, ma queste riserve, dette in modo sorridente, erano così incontrovertibili che era assai difficile fare opposizione alle sue riserve.
Impressionante anche la sua capacità di lettura, intendo nel senso dell'attenzione acuta, come un raggio laser, come una lama'.


ADRIANO SOFRI

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''Il fatto che il luogo dove si scelgono e si pubblicano libri si chiami distrattamente casa, casa editrice, riprendeva un significato originario, Camilleri lo ha appena ricordato come si sentiva a casa in via Siracusa: si stava come in una farmacia di paese, diceva Sciascia. E intendeva che nei paesi di una volta si stava in farmacia a conversare, gli uomini almeno, come a casa propria.
Elvira aveva due case dai due lati della via Siracusa, e, salvo un cambio d'abito, era in ambedue la Signora, pronunciato così che si sentisse la esse maiuscola non per deferenza, ma per evidenza. Non c'era un dettaglio della sua impresa editoriale che sfuggisse alla sua supervisione, né un dettaglio della conduzione domestica.
Avete ascoltato tutti probabilmente il racconto della vicenda di Elvira editrice, la piccola liquidazione del suo impiego regionale investita, il sodalizio oltre che con Enzo, con Sciascia, Buttitta e altri amici; la premura per la bellezza, accompagnata presto dall'impegno civile consacrato nel 1978 da 'L'affaire Moro' di Sciascia e mai disertato, senza tuttavia fare della casa editrice un'impresa militante se non per la dignità, l'eleganza e la bellezza: le qualità più irriducibili allo stile mafioso in Sicilia e altrove.
Mi scrisse una decina di anni fa: ''Forse vado a Ragusa da Franca, dove spero di comprare una specie di fattoria vicino al mare, dove penso di concludere la mia vita. E' un bel sogno''. Decise così di costruire una nuova casa, non una casa editrice, questa volta, per se, per i propri figli e anche per gli amici. Era uscita da tempo dalla tempesta che aveva messo a repentaglio la sopravvivenza della casa editrice. Era durata a lungo la tempesta''. Camilleri, che è la persona di spirito magnifico che abbiamo appena risentito, ha raccontato di essere arrivato al soccorso in extremis come il Settimo Cavalleggeri.
[...]
''(Sulla RAI dei professori, Elvira Sellerio diceva) '... ero l'unica non professore'. Stette a Roma con piacere, ma sapendo che si trattava di una parentesi, fece molte cose buone, si adoperò per promuovere il talento delle persone, e specialmente delle donne che lavoravano in RAI.
Non ne trasse nessun beneficio per se. Prima ancora che immorale le sarebbe sembrato di cattivo gusto.
Di quella impressione sul suo mettersi da un lato rispetto al presente, faceva parte il suo impiego del tempo. Aveva un'esistenza piena e indaffarata nelle più diverse incombenze, come potete immaginare e tuttavia impiegava ore in attività del genere fare la calza, come la signora di 'Gita al faro' o 'Al faro' nelle nuove traduzioni, che a volte lei mi ricordava. Non faceva la calza ma riempiva puzzle di migliaia di pezzi, lavoro che, nonostante le 'Istruzioni per l'uso della vita' di Perec, mi sembra peculiarmente femminile, come fare e disfare una maglia, appunto. Faceva le parole incrociate, senza impazienza. E quando telefonava a migliaia di chilometri di distanza per chiedere un suggerimento su una parola, lo faceva più per amicizia - come montare un puzzle insieme a una compagna - che per la smania di finire.
Curava il giardino e più esattamente lo visitava e ispezionava, lentamente, meticolosamente. Riordinava carte, corrispondenze, fotografie, cartoline biglietti, e le catalogava. Catalogava libri a penna, specialmente i libri che erano stati della sua infanzia e giovinezza, e che ricercava scrupolosamente come la collezione de La scala d'oro, o la Biblioteca amena di Treves o i Classici del ridere di quel gran Formiggini, un cui motto: 'Non copiare nessuno, ridi se ti copiano' si addice assai alla Sellerio e soprattutto alle copertine blu carta da zucchero della Memoria, che è stata appena ricordata.
Voglio dire che si prendeva, dentro il tempo travolgente del suo lavoro di editrice e degli impegni sociali, un tempo lento gratuito e inconcludente, e solitario. Stava molto sola Elvira, con quei pensieri che delle attività senza capo ne coda si nutrono e con la lettura. Io non ho letto che una piccola parte dei libri che lei aveva letto, e sempre più li ho letti per uno scopo, l'interesse di un momento.
Elvira leggeva per piacere.''